Condono edilizio 2026, nuovo decreto e regole: chi può regolarizzare e cosa cambia davvero

Condono edilizio 2026, nuovo decreto e regole: chi può regolarizzare e cosa cambia davvero

Chiara Perrone

Novembre 22, 2025

La questione del condono edilizio torna al centro del dibattito pubblico con una dinamica che mescola politica, diritto amministrativo e vicende locali. Da un lato ci sono proposte di riapertura delle finestre di sanatoria; dall’altro emergono chiarimenti giurisprudenziali che ridisegnano confini e limiti operativi. Chi segue pratiche edilizie lo percepisce ogni giorno: la normativa è frammentata e la differenza tra regolarizzazione e condono pesa sulla strategia da adottare. In questo quadro, il cosiddetto Salva Casa ha introdotto strumenti di semplificazione, ma non cancella la necessità di valutare caso per caso la sostenibilità normativa di ogni intervento. Il tema tocca non solo i proprietari, ma anche i professionisti che gestiscono pratiche, i Comuni chiamati a istruire le domande e le autorità di tutela paesaggistica.

La partita politica e gli emendamenti alla manovra

Nel confronto sulla Legge di Bilancio 2026 sono tornate due proposte principali che potrebbero cambiare la mappa delle regolarizzazioni: la riapertura dei termini del condono 2003 e una sanatoria straordinaria sul modello del 1985. La prima ipotesi mira a sanare interventi realizzati senza titolo purché conformi agli strumenti urbanistici approvati al 31 marzo 2003 e non ricadenti in aree con vincoli sensibili. La seconda propone una finestra per abusi completati entro una data di riferimento, con esclusione netta di nuove costruzioni e ampliamenti che incrementino superficie o volume.

Le bozze collegano la sanatoria a paletti stringenti: esclusione per aree soggette a vincoli paesaggistici, idrogeologici o comprese in parchi, salvo casi in cui il vincolo preesistente non comporti inedificabilità assoluta. È prevista anche una scadenza amministrativa per i Comuni per definire le pratiche pendenti dei tre condoni storici, misura che punta a chiudere iter congelati da anni. Un dettaglio che molti sottovalutano è la differenza procedurale tra presentare domanda e ottenere effettiva autorizzazione: il tempo e la qualità dell’istruttoria comunale restano fattori decisivi.

Per i professionisti il possibile ritorno dei condoni rappresenta sia una richiesta di consulenze tecniche sia la necessità di interpretare con prudenza nuove norme transitorie. Ingegneri, architetti e geometri dovranno valutare non solo la conformità urbanistica, ma anche la dimensione dei vincoli ambientali e i limiti volumetrici eventualmente confermati dalla normativa.

Condono edilizio 2026, nuovo decreto e regole: chi può regolarizzare e cosa cambia davvero
Esperti edili esaminano progetti su un cantiere, con piani e caschi in primo piano, per un’efficace gestione della complessa normativa. – coffestore.it

Cosa dice la giurisprudenza: casi chiave e orientamenti pratici

Negli ultimi anni i tribunali amministrativi hanno chiarito punti nodali che influenzano l’accesso al condono. Il TAR ha più volte stabilito che il parere negativo della Soprintendenza su immobili in zone vincolate può risultare vincolante e precludere la sanatoria. Altri orientamenti hanno precisato che, ai fini del secondo condono, il calcolo dei 750 m³ deve comprendere anche i piani interrati o seminterrati, senza deroghe legate alla destinazione d’uso.

Un fenomeno che in molti notano solo in certe stagioni è la rilevanza delle procedure amministrative: il TAR Campania ha ricordato che la mancata concessione dei tempi di integrazione previsti dalla legge (tre mesi per il secondo condono) può rendere illegittimo il rigetto della domanda. Allo stesso tempo, sono state confermate esclusioni nette: cambi di destinazione d’uso che comportano incremento della superficie in aree vincolate non rientrano nella sanatoria del terzo condono, così come nuove costruzioni a destinazione mista non sono ammessi quando la legge riserva la sanatoria alle sole nuove costruzioni residenziali.

Per chi lavora sul campo, le sentenze indicano alcune regole pratiche: organizzare la documentazione in fascicoli digitali per velocizzare integrazioni richieste, valutare preliminarmente la natura del vincolo paesaggistico e non contare sul silenzio-assenso in presenza di vincoli. Le pronunce recenti sottolineano inoltre che, in presenza di aree protette, anche manufatti di modesta entità possono risultare non sanabili; ma le procedure amministrative devono sempre rispettare il diritto di partecipazione, pena l’annullamento di ordinanze demolitorie adottate senza il necessario avviso.

In molti Comuni la definizione di pratiche storiche resta un passaggio aperto: la combinazione di nuove norme, emendamenti e orientamenti giurisprudenziali produrrà effetti concreti nella vita quotidiana delle amministrazioni e dei professionisti. Rimane un fatto chiaro: il condono, quando previsto, richiede cura tecnica e rigore procedurale per trasformare una opportunità normativa in un titolo effettivamente valido.